“Super Happy Forever”: in Giappone un amore al contrario

L'OPINIONE DEL MONDO – DA NON PERDERE
Un sentimento oceanico presiede Super Happy Forever , quarto lungometraggio del regista giapponese Kohei Igarashi, classe 1983, che lo ha scoperto con Takara. The Night I Swam (2017, co-diretto con Damien Manivel). Il mare fa da cornice alla storia che si svolge in una piccola città termale sulla costa giapponese (Atami, a sud di Tokyo): è il mare che ritorna nelle prime e nelle ultime inquadrature, delimita l'azione, fa le fusa negli interstizi, è anche quello che viene menzionato nel ritornello che si canticchia di tanto in tanto – Beyond the Sea , la versione internazionale di La Mer , di Charles Trenet. Più che un semplice sfondo, l'oceano si offre come immagine del tempo stesso, nella sua calma potenza di inghiottimento. Un'immagine di oblio per un film scavato con buchi e assenze, lavorato dai meandri di una memoria da termite, ossessionato dal mito dell'eterno ritorno.
Due amici di Tokyo, Sano e Miyata (Hiroki Sano e Yoshinori Miyata in ruoli ispirati alle loro vite), vagano come anime perse in questa località balneare, tra i corridoi di un hotel chic e decadente e le strade deserte della città. Il primo, smunto, trascina lì la disperazione per aver perso la moglie Nagi, recentemente morta nel sonno. Insegue il suo ricordo e, delirante, insegue un berretto rosso che lei presumibilmente ha smarrito lì. Il secondo, venuto a dargli una mano, insiste su un seminario miracoloso a cui sta partecipando, che ha tutti i tratti distintivi di una setta (i "Super Felici per Sempre" che si riconoscono dai loro anelli). Tra l'oscurità senza fondo dell'uno e il beato ottimismo dell'altro, incombe il dissenso.
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Le Monde